La COP21 e l'Accordo di Parigi sul Clima hanno rappresentato una svolta significativa per la sensibilizzazione dei Governi e delle imprese nel contrastare concretamente i cambiamenti climatici. È sempre più chiaro a tutti, investitori e opinione pubblica, che la sola azione delle istituzioni non è sufficiente e che il settore privato ha un ruolo prioritario nella lotta al Climate Change e deve concentrare gli sforzi e gli investimenti in attività di riduzione delle emissioni.
Le aziende private non possono quindi più rimandare l’adozione di una strategia finalizzata a perseguire la Carbon Neutrality. Si tratta di un obiettivo che non riguarda solo l’etica e la conformità, ma è anche una questione di competitività e di opportunità di business. Allineare la propria strategia di business all’ambiente significa renderla resiliente e minimizzare rischi operativi e di reputazione, per essere più attrattivi sul mercato sia nei confronti dei talenti che dei consumatori.
Ma non solo, gli investitori fanno sempre di più pressione sulle aziende perché si impegnino a ridurre le proprie emissioni e ad attuare una strategia di mitigazione in linea con il proprio business. L’attenzione dei private equity è sempre di più rivolta agli indicatori di sostenibilità e a come un brand è percepito dall’opinione pubblica. Uno dei punti fondamentali e prioritari del "Global Warming of 1.5°C" è la necessità di decarbonizzare completamente le nostre economie e così il Climate Action è oggi un indicatore a cui va data la massima priorità e che le aziende devono avere nella loro agenda.
Con il Green Deal l’Unione Europea si sta impegnando a ridurre le proprie emissioni per almeno il 55% entro il 2030, con un obiettivo di neutralità entro il 2050. Molte aziende hanno già intrapreso un percorso virtuoso per azzerare le emissioni nei prossimi 9 anni, ma la maggior parte si concentra solo sulla punta dell’iceberg, ossia le emissioni dirette di Scope 1 e 2, trascurando i rischi nascosti nella catena di valore, cioè le emissioni di Scope 3.
È quindi fondamentale per le aziende, incluse le PMI, assicurarsi la trasparenza del loro carbon footprint, coinvolgendo i fornitori nella propria strategia, fissare obiettivi di riduzione di CO2 di tutte le parti coinvolte e monitorare costantemente i miglioramenti nella riduzione dell’emissione di carbonio. Ma la raccolta di dati sul carbonio lungo la catena di fornitura in modo accurato e affidabile continua essere una sfida complessa: una ricerca di EcoVadis mostra infatti che c'è un'enorme carenza nella rendicontazione del carbonio da parte dei fornitori e nell'azione lungo la catena di approvvigionamento. Per avviare un percorso di decarbonizzazione accurato ed efficiente, è necessario fare affidamento su soluzioni in grado di fornire una visione completa delle emissioni della supply chain, anche la più estesa.
Il Carbon Action Module di EcoVadis consente di raccogliere e analizzare i dati critici, ottimizzare la strategia e collaborare con i partner della catena del valore per misurare e ridurre le emissioni, al fine di soddisfare gli impegni aziendali e gli obiettivi basati sulla scienza e allinearsi così con gli obiettivi di settore e globali.
Le aziende possono così migliorare i risultati di sostenibilità e mitigare i rischi fornendo agli stakeholder aziendali prove tangibili e facilmente leggibili sul loro impegno verso la carbon neutrality e ottenendo così vantaggi di business in termini di reputazione del brand, fidelizzazione dei talenti, richiamo di investimenti e aumento del fatturato.
Allineare l’innovazione del Procurement agli obiettivi fissati dell’Unione Europea e intraprendere un percorso verso la sostenibilità della supply chain è stato oggetto di discussione della IX Edizione del Negotiorum FUCINA Week organizzato da ADACI, Associazione Italiana Acquisti e Supply Management, a cui EcoVadis ha contribuito con l’intervento di Giulia Borsa - Account Executive, EcoVadis Italia e Spagna - alla Tavola Sostenibilità e Green Purchasing.
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